La magia dell’algoritmo di YouTube mi ha portato in home recentemente un video del Maurizio Costanzo Show dei primi anni duemila con ospite Roberto Malone, ai tempi già attore in migliaia film.
Nell’intervista lo stesso spiegava, con un lessico quasi da professore e con la luce della passione negli occhi, il suo lavoro. Nello studio, di contro, c’era un clima surreale, dettato quasi totalmente dal lato maschile del pubblico, con risatine quasi di scherno verso il Malone.
A distanza di più di 20 anni, però, la situazione è praticamente analoga, dove Rocco Siffredi e Mia Khalifa sono al massimo la base di meme, e negli ultimi anni la parola porno era stata demonizzata da ogni media “grazie” ai film di Sara Tommasi in evidente stato confusionale nel suo breve periodo nell’hard.
Perché parlare del porno dà così fastidio in Italia? Sarebbe semplice dire che nel Belpaese c’è il Vaticano e quindi tutto ciò che é sesso è da tenere chiuso in casa (o a casa dell’amante). Quando qualcosa non va, finiamo sempre per dare la colpa lì: è riduttivo. La prima risposta, forse la più scontata e banale ma molto molto parziale, è che abitiamo in un Paese ancora in gran parte bigotto.
Dare un’idea di persona “pulita” é preferibile che esserlo e il porno, secondo molti, non è da brave persone perché riguarda il piacere “proibito”. Di contro però, se affrontiamo le cose con ciò che non è opinabile, ovvero i numeri, qualcosa non torna: Kaspersky ha intervistato 1000 italiani in ogni fascia di età, comunicandoci che Il 55% ammette di guardare porno regolarmente, in media 23 minuti al giorno per almeno 5 volte a settimana. Di questo 55%, il 30% è femminile, togliendo anche l’ultimo tabù sul fatto che il mondo dell’hard, come in passato, era un mondo prettamente maschile. La fruibilità che abbiamo grazie a tablet e cellulari ha sicuramente abbattuto molte barriere, in primis con noi stessi. Si guarda, si fa, ma non se ne parla.
Cosa manca allora per renderlo un argomento di dialogo senza la necessità di doverlo fare di nascosto o per scimmiottare? Molto semplicemente, la cultura.
Spingerci al parlarne apertamente in tv sarebbe utopistico, però, guardando banalmente al mondo online ci si accorge del numero limitatissimo di pagine social che trattano l’argomento anche in modo generalista, pochissimi siti di informazione, quasi totale assenza di forum o network di dialogo.
Gli attori lavorano (lavorano!) per darci momenti di svago, come fanno banalmente gli YouTuber o coloro che creano contenuti su TikTok o Instagram e che in molti osannano. Dietro un film o una scena porno ci sono quasi sempre professionisti che hanno un pubblico da soddisfare, spesso riuscendoci. E il pubblico ama e quasi sempre, di nascosto, segue questi professionisti.
Il modo per rendere qualcosa socialmente accettabile o mainstream é sicuramente l’informazione che genera cultura, quella che al giorno d’oggi è merce rara nel marasma dei media. Merce rarissima se l’obiettivo è, anche se con leggerezza, parlare e far conoscere veramente a fondo un mondo e un’industria con la quale molti di noi vengono a contatto quotidianamente come quella del porno.
“Il sesso è più eccitante sullo schermo e tra le pagine che tra le lenzuola.”, disse Andy Warhol.
E se lo diceva lui, possiamo fidarci.
Mr Patrick